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Renault Turbo: quando a Parigi soffiava la tempesta

Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Michele Di Mauro

20 Gennaio 2022
Renault Turbo: quando a Parigi soffiava la tempesta

È il 1977 quando Renault, per la prima volta, schiera in pista la RS01, prima vettura da Formula 1 alimentata da un motore turbo, un 1,5 litri spinto da una singola turbina Garrett. Inaffidabilissima, la monoposto è protagonista di due stagioni pessime, in cui il risultato migliore è il completamento di qualche gara. Ma i tecnici francesi sono convinti della loro scelta, e non si scoraggiano. Nel 1979 in Sud Africa arriva la prima pole-position, e in Spagna debutta la nuova RS10 con due turbine KKK. Con questa vettura, condotta da Jabouille, Renault conquista al Gran Premio di Francia la prima vittoria della storia della Formula 1 con una vettura sovralimentata. Sarà l’innesco di un’autentica rivoluzione, che dura ancora oggi.

Già, perché fino ad allora le vetture turbo sono pochissime, e considerate scorbutiche ed estreme. Sull’onda dei successi in pista invece Renault diventa capofila della diffusione della sovralimentazione, non solo tra i cordoli. Già nel 1980 infatti la casa francese lancia una folle variante della piccola utilitaria R5, progettata per essere impiegata nei rally, dove si farà onore per 6 stagioni, ma proposta anche in versione stradale, accanto alla più “civile” R5 Alpine Turbo.

Se quest’ultima infatti riprende le fattezze di una Renault 5 di serie, la 5 Turbo è tutt’altra vettura. Basata su un primo prototipo realizzato già nel 1978 in collaborazione con Bertone e disegnato da Marcello Gandini, la nuova vettura sfoggia un’impostazione radicalmente diversa: il motore, potenziato, è collocato in posizione centrale, al posto del divanetto posteriore; la trazione è posteriore e agisce su ruote e pneumatici vistosamente maggiorati, per i quali è necessario un massiccio allargamento della carrozzeria; grandi prese d’aria sui parafanghi contribuiscono allo smaltimento del calore. Nuovi serbatoi benzina vengono riposizionati sotto i sedili, mentre nel vano anteriore, dove restano solo la batteria, la pompa freni, l’impianto di aerazione e la ruota di scorta, viene ricavato un grande sfogo d’aria per smaltire il calore del radiatore. Insomma, è una R5, ma gioca in tutt’altro campionato.

La produzione della nuova piccola supercar, autentica mosca bianca nel panorama automobilistico dell’epoca, parte nel 1980, ed è complicatissima. Alla modifica delle carrozzerie, realizzate dalla casa a Flins, provvede poi Heuliez negli impianti di Cerisay, dove arrivano le scocche normali per essere modificate nel pianale e nei passaruota, allungando il passo di 5 cm, irrobustendo l’anteriore e allargando le carreggiate; dopodiché vengono trasferite alle officine della Alpine a Dieppe per l’assemblaggio e la verniciatura.

La carrozzeria, seppur molto somigliante alla vettura di serie, mostra parecchie differenze: per risparmiare peso rispetto alle parti di serie in acciaio, portiere, padiglione e portellone sono in alluminio; il cofano motore, i parafanghi e i paraurti sono in resina; l’alettone e i gocciolatoi sono in poliuretano morbido. Anche plancia, volante e sedili si differenziano dalle altre R5; particolari specifici realizzati in serie limitata che, assieme alla dotazione di serie che comprende alzacristalli e specchietti retrovisori a regolazione elettrica, contribuiscono a far lievitare il prezzo della vettura.

Ragion per cui, a partire dal 1983, viene lanciata la Renault 5 Turbo 2: invariata a livello meccanico, ha buona parte della carrozzeria realizzata in acciaio e la plancia è derivata da quella delle normali R5. Modifiche che fanno segnare 30 kg in più sulla bilancia.

Il cuore di questo piccolo mostro, un propulsore della serie Cléon-Fonte collocato in posizione centrale longitudinale, è un 4 cilindri in linea di 1.397 cc in ghisa con testata in lega leggera, albero a camme laterale e distribuzione ad aste e bilancieri, che eroga la bellezza di 160 CV a 6.000 giri al minuto con una coppia di 210 Nm a 3.250 giri/min. L’alimentazione è a iniezione meccanica Bosch K-Jetronic con turbocompressore tipo Garrett T3, pressione di 0,86 bar e intercooler aria-aria; abbinato ad un cambio meccanico a 5 rapporti, frizione bidisco a secco e trazione posteriore, spinge la vettura a una velocità massima di 200 km/h, accelerando da 0 a 100 km/h in soli 6,5 secondi.

La Renault 5 Turbo diventa la base per tutte le versioni dedicate alle corse: dalla “Cevennes” da 200 cavalli, proposta sia in configurazione Gruppo 4 ufficiale che in versione clienti, alla “Tour de Corse” da 300 cavalli, allestita in configurazione Gruppo B per la stagione 1983, alla “Maxi Turbo” per il Gruppo B 1984/1985, con motore 1.5 da 350 CV e tecnologie mutuate dal team Renault di Formula 1, alla Turbo “Produzione”, allestita per il Gruppo B pista del  biennio 1986-1987 con motore da 1.4 e 370 CV, impiegata nel campionato francese superproduzione.

Ma torniamo alla nostra Turbo stradale. Una follia tipica dei primi anni ottanta, una supercar travestita da macchinetta per signore, o quasi. Assurda come lei c’è probabilmente solo la Metro 6R4, che però gli inglesi, maestri dell’eccentricità, pure hanno avuto il buonsenso di non vendere alle persone comuni. Ammesso che tali possano essere considerati coloro che ordinavano una 5 Turbo, soprattutto con gli abbinamenti psichedelici della prima serie, per la quale era proposto un solo allestimento, quasi nessun optional e la scelta tra appena due tinte: Blu Olimpo e Rosso Granata.

L’esemplare che abbiamo fotografato per Agorauto è eloquente: carrozzeria Blu Olimpo, un vistoso azzurro metallizzato, che include quasi tutti i particolari in plastica realizzati specificamente nello stesso colore; interni rivestiti in moquette rosso arancio, sedili sportivi e pannelli specifici in similpelle azzurra e velluto “optical” nei due colori, plancia pure specifica in plastica grigia e similpelle azzurra con strumenti arancio e volante asimmetrico con cuscino centrale pure azzurro. Se non fosse una macchina da corsa, sarebbe perfetta per una serata revival in discoteca. E invece parliamo di una macchina che può vantare quattro vittorie nel mondiale rally (due al Tour de Corse, una a Monte Carlo e una in Portogallo), costruita in meno di cinquemila unità e che oggi, in versione stradale, non viene via per meno di 100.000 euro.

Per questo, quando il proprietario dell’esemplare in foto ha avuto l’opportunità di aggiudicarsela, non ci ha pensato due volte. Immatricolata nel 1982 nella sua città, La Spezia, ha avuto solo due proprietari, di cui il secondo, dal 1986, è il figlio di Carlo Barilli, il concessionario che l’aveva venduta da nuova. Trovata ferma da circa 20 anni, è oggi conservata in condizioni totalmente originali.

Il primo cambio di proprietà della R5 Turbo, nel 1986, porta all’aggiornamento della targa, che risale a quell’anno e che si avvicina di molto alla seconda Renault di questo servizio, una bellissima Fuego Turbo, anch’essa del 1986. Ma le coincidenze non finiscono qui: i precedenti proprietari delle due auto erano dirimpettai, abitavano nello stesso palazzo e persino allo stesso piano. Il destino ha voluto che le due auto, vendute dallo stesso autosalone e che una volta dividevano i posti auto dello stesso condominio, oggi siano di proprietà dello stesso collezionista spezzino, accomunate da un altro elemento di assoluta rarità: la percorrenza esigua. La 5 Turbo ha totalizzato infatti appena 19.000 km, mentre la Fuego fa ancora meglio: ha da poco superato i 15.000!

La bella coupé rossa delle nostre foto appartiene ad un unico proprietario sino al luglio 2018, quando viene scovata in un garage che è stato venduto e deve essere liberato. Al momento del recupero è ferma da circa 5 anni ed è completamente originale, compresa la vernice e gli pneumatici, che sono tuttora i Pirelli P6 di primo equipaggiamento.

La Fuego, filante coupé a quattro posti sviluppata sulla base della R18 ed erede dei modelli 15 e 17, è la vettura che, almeno in teoria, meglio si sposa alla filosofia della sovralimentazione. Diciamo in teoria perché, a dispetto delle forme slanciate e del nome passionale (Fuego significa “fuoco” in spagnolo e assieme a “Espace” rappresenta l’unica eccezione nella serie numerica adottata da Renault per quasi tre decenni), non è quella che definiremmo esattamente una vettura sportiva.

Lanciata sul mercato nel 1980, come la R5 Turbo, la Fuego è bella e moderna, e rilancia la soluzione del grande lunotto avvolgente che funge da portellone visto sulla Porsche 924 e in seguito riproposta da Renault sulle successive 11 e 25. Altra soluzione originale è la fascia in plastica nera rigata che evidenzia la linea di cintura, segna l’innesto dei retrovisori, avvolge la coda ed estende concettualmente la finestratura laterale, e inedito è pure il design dei paraurti, che segnano la parte bassa dei parafanghi, collegando visivamente le ruote alla fanaleria; un tema estetico poi pure ripreso dalla R25. Alla pulizia delle fiancate contribuiscono anche le maniglie porta scavate, ereditate dalle precedenti R15 e R17 e anche dalla piccola R5.

Nonostante le forme levigate e affusolate, che le valgono un CX di appena 0,347, la Fuego ospita comodamente quattro persone e una bella dose di bagagli in un abitacolo decisamente confortevole, rivestito in velluto e con plastiche, come sulla 5 Turbo, coordinate ai colori di tessuti e carrozzerie. Come sulla 5 Turbo anche qui troviamo dei bei sedili sportivi “a petalo”, con poggiatesta integrati, anche se decisamente più imbottiti e confortevoli. Differenza, questa, che ci riporta a quanto affermato sopra, e cioè che, anche in versione Turbo, la Fuego non è esattamente una vettura sportiva.

Lo schema tecnico della Fuego non presenta infatti particolari differenze rispetto alla paciosa berlina 18 da cui deriva, anch’essa proposta nella variante turbocompressa. Il motore è anteriore longitudinale, la trazione pure anteriore; l’impianto frenante è misto dischi anteriori/tamburi posteriori, le sospensioni anteriori a ruote indipendenti sono abbinate a un retrotreno ad assale rigido, e la taratura è decisamente morbida. La gamma della Fuego, al lancio, prevede due sole motorizzazioni a quattro cilindri in linea a benzina, entrambe di indole spiccatamente turistica: un 1397 da 62 CV con cambio a 4 marce (5 a richiesta) e un 1647cc da 94 CV a 5 marce (automatico optional). Il vano bagagli formato famiglia, abbondante per una coupé (375/800 litri) segna idealmente il colpo di grazia su qualsiasi velleità sportiva. Alla prova dei fatti la Fuego è una comoda media da viaggio, travestita da sportiva. Anche la dotazione, all’epoca non comune nel segmento medio, classifica il modello come votato al comfort: alzacristalli elettrici, chiusura centralizzata delle portiere con telecomando (anteprima mondiale), volante regolabile in altezza, climatizzatore e servosterzo, di serie o a pagamento, provvedono a “coccolare” i passeggeri piuttosto che regalare emozioni forti.

Il contrasto stridente tra aspetto e prestazioni porta la casa francese a deliberare, già per il 1981, il lancio delle versioni 2 Litres, peraltro già annunciate alla presentazione; in questo caso il motore è il 1.995 cc da 110 CV della R20 TS. Il primo turbocompressore fa capolino nel 1982, quando la Fuego conquista il titolo di prima coupé al mondo ad essere spinta da un propulsore a gasolio: la nuova versione Turbo-D, disponibile unicamente sui mercati con guida a sinistra, è mossa da un 2,1 litri da 88 CV, relativamente performante, almeno per gli standard delle diesel dell’epoca.

Il 1984 è l’anno del restyling, che porta una nuova calandra a quattro listelli, con i due superiori in tinta, nuovi paraurti e, all’interno, una plancia con strumentazione rinnovata e con la palpebra superiore estesa fino alla console centrale. Nuovo pure l’impianto hi-fi con equalizzatore e comandi remoti a destra del volante.

Ma, soprattutto, il 1984 è il lancio della Turbo: una nuova versione che, nonostante il propulsore da soli 1565cc, grazie ai 132 CV si posiziona al vertice della gamma. Capace di una velocità massima di 193 km/h e di uno 0-100 km/h in 9,5 secondi, la Fuego Turbo è una vettura di sostanza: l’allestimento è full optional con interni sportivi in velluto, lavatergifari, cerchi in lega BBS specifici, computer di bordo e alcuni plus esclusivi di questa versione come i freni a disco posteriori e i retrovisori elettrici. E poi è una Turbo, e ci tiene a farlo sapere: oltre alle targhette sulla calandra e sulle fiancate, sfoggia con orgoglio vistose decalcomanie sulla parte bassa delle fiancate e alla base del lunotto.

La Turbo è l’ultima vera novità della gamma Fuego prima dell’interruzione della commercializzazione in Europa e nel nord America, avvenuta nel 1987. Sul mercato sudamericano la coupé francese rimane invece in listino, dopo ulteriori restyling, fino al 1992, grazie alla produzione locale.

La scelta di abbinare una Fuego alla R5 nasce dal fatto che la vettura rappresenta un ulteriore step nel percorso di “turbizzazione” della gamma prodotti che Renault intraprende nella prima metà degli anni ottanta. La Fuego è in qualche modo “sorella” della R5 Turbo: stesso periodo, stessa ispirazione alla tecnologia che tanto lustro aveva dato al marchio, stesso marketing ispirato alla Formula 1. Eppure l’applicazione degli stessi concetti porta a risultati diametralmente opposti. Sono entrambe turbo ma la R5 è grezza, violenta, spartana, estrema. Una macchina da corsa prestata alla strada. La Fuego è brillante, veloce, ma è anche comoda e raffinata. Due visioni simili ma distanti, entrambe in largo anticipo sui tempi. Oggi, dopo quarant’anni, il turbo vive uno dei suoi periodi migliori, e lo fa, esattamente come allora, su due binari: sono turbo quasi tutte le supercar di oggi, ma lo sono anche le piccole e medie vetture da famiglia, riprogettate sull’onda del downsizing. La R5 oggi rivive nelle moderne “hot hatch”, la Fuego nelle coupé di prestigio, veloci e abitabili, spesso turbo e, fino ai primi anni duemila, ancor più spesso turbodiesel.

Entrambe difficili da scovare sul mercato delle storiche d’occasione, soprattutto se belle, originali e con percorrenze esigue come gli esemplari di questo servizio, R5 e Fuego Turbo sono due esponenti d’eccellenza di un’epoca frizzante e visionaria, due pezzi di sicuro interesse da aggiungere alla propria collezione ideale. Certo la 5 Turbo vanta il fascino della grande storia sportiva, ma la Fuego viene via a un decimo del prezzo. Probabilmente non per molto tempo ancora.

Tags: Formula1, fuego, garrett, maxi, renault, turbo



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