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Mini Moke, il brutto anatroccolo conquista il mondo

Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Michele Di Mauro

27 Aprile 2022
Mini Moke, il brutto anatroccolo conquista il mondo

Se dovessimo mai stilare una classifica delle vetture più simpatiche, divertenti e sbarazzine mai prodotte, la Mini Moke sarebbe sicuramente nella top ten.
Assimilabile per tipologia alle nostre spiaggine tanto in voga negli anni sessanta, la Moke è una vetturetta scoperta per il tempo libero basata sulla Mini, il grande classico inglese progettato da Sir Alec Issigonis, e costruita dal gruppo BMC, British Motor Corporation, nello stabilimento di Longbridge, parallelamente alla versione civile, tra il 1964 e il 1968.

Come molte altre vetture simili, la Mini Moke viene ideata a seguito della richiesta dell’esercito britannico per un veicolo militare ispirato alle Jeep americane che l’Europa aveva scoperto durante la seconda guerra mondiale. I requisiti prevedono che la nuova vettura sia leggera e compatta, in modo da essere facilmente aerotrasportabile e paracadutabile, e adatta ad una guida in fuoristrada leggero. La Mini fornisce una base pressoché perfetta per quanto riguarda la prima richiesta, ma sconta il diametro delle ruote e l’altezza dal suolo eccessivamente ridotti per consentire un uso accettabile su sterrati e mulattiere.

Per questo il progetto viene dirottato su una versione civile, pensata inizialmente come veicolo da lavoro. Da qui il nome di Mini “Moke”, ovvero asinello, per analogia col simpatico e infaticabile animale da soma.
Al suo esordio la Moke è una vettura decisamente spartana: meccanica di grande serie della berlina da 850cc e allestimento ridotto al minimo consentono di contenere il prezzo d’acquisto e promettono una manutenzione contenuta ed economica. Anche la tassazione favorisce la vettura, essendo essa considerata un veicolo commerciale. Addirittura la Moke viene venduta in un solo colore (Spruce Green), con un solo tergicristallo (lato guida) e col solo sedile del conducente, per lasciare il pianale completamente a disposizione di materiali e merci; il sedile passeggero e i posteriori sono acquistabili come accessori, e il loro montaggio è a carico dell’acquirente.
Eppure, nonostante sia decisamente accessibile, la Moke stenta ad avere successo, soprattutto sul mercato domestico, principalmente a causa del fatto che è una vettura totalmente scoperta a parte un piccolo tendalino di fortuna… e il clima britannico sappiamo che notoriamente non è celebre per le belle giornate di sole.

La vettura, o meglio il piccolo autocarro, resiste così fino al 1967, quando finalmente si pensa alla svolta: la Moke viene infatti riclassificata veicolo per uso privato, un’automobile insomma. Una decisione coraggiosa, perché comporta la perdita del regime di tassazione agevolato per i mezzi da lavoro e di conseguenza un aumento del prezzo di vendita.
Questo fa sì che, nonostante il lancio della più rifinita Mark II, che vanta due tergi, due colori (al verde si aggiunge il classico Old English White) e cerchi ruota color alluminio (in luogo del precedente bianco) già l’anno seguente i cancelli di Longbridge si chiudono dietro l’ultima Moke di produzione britannica. Una decisione dovuta al fatto che, delle sole 15,000 unità prodotte in 4 anni, appena 1.500 restano sul patrio suolo, e ancora meno hanno trovato un compratore sull’ambito suolo statunitense.

Le cose vanno diversamente all’altro capo del mondo: a partire dal 1966 la Moke è infatti prodotta anche in Australia, dove il clima è decisamente più favorevole ad un utilizzo en plen air. Per la precisione viene assemblata negli stabilimenti BMC di Sidney, col marchio Morris e motore da un litro di cilindrata. Nella gamma Moke australiana, la Mark II arriva nel 1969, e non veste più il marchio Morris, diventando BMC Mini Moke. Qui la seconda serie porta in dote modifiche più consistenti rispetto alla corrispondente versione britannica dell’anno precedente: viene potenziato l’impianto frenante, quello di raffreddamento e pure la scatola dello sterzo, adattata a nuove ruote più grandi. Nel 1970 scompare il nome “Mini” e la vettura diventa semplicemente BMC Moke e, dal 1973, in corrispondenza con l’ennesima ristrutturazione del colosso automobilistico inglese, Leyland Moke. L’Australia è uno dei paesi in cui la Moke ha maggior successo: la produzione dura addirittura fino al 1981, totalizzando 26.000 esemplari che includono pure una versione pick up e una variante col motore da 1,3 litri derivato dalla Mini Cooper. Ma la vera chiave del successo della Moke “australian”, come viene ufficiosamente ribattezzata, sta nella possibilità di coprire l’abitacolo con una cappottina asportabile e con degli “sportelli” avvolgibili fissati con una serie di bottoni e chiusure lampo. Una soluzione che risolve in maniera economica e relativamente pratica l’atavico problema delle Moke fabbricate in UK e che consente alle Moke australiane di ritornare in Europa e trovare uno spazio in quel mercato che le inglesi non erano mai riuscite ad intaccare.
E infatti la Moke di questo servizio è proprio una “australian”, uno degli ultimi esemplari, prodotto nel 1980 e venduto in Italia da nuovo. Finita nel raro colore “Devil Yellow”, monta interni e motore 998 cc originali, e viaggia sui cerchi da 13” degli ultimi anni di produzione a Sidney.

Ma l’epopea della Moke non è ancora finita. L’Australia passa infatti il testimone a sua volta, e a raccoglierlo c’è il Portogallo: qui infatti, a partire dal 1980, il gruppo Leyland avvia una nuova produzione con parti inizialmente spedite proprio dalle linee di produzione di Sidney, totalizzando altri 10.000 esemplari.
In tutto questo girovagare, poteva mancare l’Italia, seconda patria della Mini classica con la produzione Innocenti? Ovviamente no, ma stavolta l’onere di produrre le piccole e scattanti inglesine spetta alla casa motociclistica Cagiva che, a partire dal 1992, anno in cui rileva i diritti del modello, ne costruisce circa 1.500, portando il totale delle Moke a oltre 40.000 esemplari.

Il servizio effettuato per Agorauto ci permette di provare su strada la Moke e farci un’impressione chiara di che tipo di veicolo sia. Difficile oggi immaginarla come mezzo da lavoro: l’aspetto buffo, la colorazione sgargiante e soprattutto il brillante quattro cilindri inglese la rendono un veicolo divertentissimo nella guida allegra, complice anche l’assetto inconfondibilmente da Mini, ma la Moke dà il meglio di sé nelle passeggiate lente a vettura completamente scoperta, magari su un lungomare o su una bella strada di campagna. Accessori e infotainment non esistono, ma non se ne sente assolutamente il bisogno, tutto l’intrattenimento necessario arriva dall’esperienza di viaggio. Un piacere diretto e “fisico” a cui non siamo più abituati perché, ormai, di vetture così romantiche non se ne costruiscono più.

Se vi piace questa bella Moke, la trovate in vendita qui su agorauto!

Tags: australian, bmc, leyland, mini, moke, morris



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