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BMW M5, potenza e understatement

Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Michele Di Mauro

8 Settembre 2021
BMW M5, potenza e understatement

Quello delle berline quattro porte sportive è un segmento che nasce negli anni sessanta. A fare da capofila, come spesso accadeva in passato, c’era l’Italia, con vetture sanguigne come le Maserati Quattroporte o le ISO Rivolta Fidia tra le ammiraglie, o modelli più compatti come le Alfa Romeo Giulia TI Super, erede spirituale della 1900 e della Giulietta, le berline da famiglia che vincevano le corse.

Nel resto d’Europa ci pensa la Germania, a metà degli anni settanta, a proporre versioni spinte derivate dalle berline nazionali, in genere piuttosto tranquille. Mentre Mercedes-Benz inizia a lavorare con AMG, l’eterna rivale BMW si affida al reparto sportivo interno Motorsport. È il 1979 quando la Casa presenta al Salone di Francoforte la M535i, una Serie 5 E12 spinta dal propulsore 3.5 6 cilindri a iniezione da 218 cavalli delle più grandi 635i e 735i. Seppur prodotta in pochi esemplari (1410 più altri 240 assemblati in Sudafrica) e nonostante non si tratti di una vera e propria M5, la M535i è la vettura che ha gettato il seme per una genealogia di grande successo.

La prima “vera” M5 debutta infatti solo nel 1984, al Salone di Amsterdam. Si affianca alla M535i, rispetto alla quale si distingue per un aspetto molto sobrio, abbinato di contro a una meccanica decisamente più prestazionale, ovvero quella della M635Csi con motore a 24 valvole da 286 cavalli e 340 N/m con iniezione elettronica multipoint, differenziale autobloccante, e impianto frenante a 4 dischi con ABS. Un lupo travestito da agnello capace di raggiungere i 245 km/h scattando da 0 a 100 km/h in 6,5 secondi. Un prodotto insolito, diverso e inizialmente non capito, tanto da soffrire la concorrenza interna con la M535i che, grazie anche alle maggiori caratterizzazioni estetiche e al costo inferiore, fa segnare numeri di vendita decisamente superiori.

Ci vuole la versione successiva, presentata al Salone di Parigi del 1988, per consacrare la M5 come un autentico modello di culto. Realizzata sulla base della nuova serie 5 E34, monta un 3.5 bialbero a 4 valvole per cilindro da ben 315 cavalli CV di potenza. Stavolta, seppur ancora contenuta, si opta per una caratterizzazione estetica in grado rendere la versione top di gamma inconfondibile: cerchi specifici da 17″, assetto sportivo, paraurti ridisegnati arricchiti con spoiler e prese d’aria. La dotazione di serie è al top, al pari delle prestazioni, con la velocità massima autolimitata elettronicamente a 250 km/h. E per la prima volta la M5 è proposta sia con carrozzeria berlina che station wagon, denominata Touring.


E siamo al 1998.

Rispetto ai modelli precedenti la M5 basata sulla nuova, bellissima Serie 5 E39, paga ancora un altro piccolo pegno sull’altare della sobrietà. Senza eccessi, la nuova sportiva è proprio cattiva. Pur rimanendo elegantissima, mostra i muscoli e l’aggressività che ci si aspetta da una bruciasemafori che ha sì quattro porte, ma sul passaporto sfoggia un inedito V8, corpi farfallati elettronici per ogni cilindro, blocco e teste in alluminio, fasatura variabile con doppio sistema VANOS, carter semisecco, propulsore da ben 4,950 litri a 4 alberi a camme (due per bancata) con quattro valvole per cilindro e la bellezza di 400 cavalli e 500 Nm. Un piccolo mostro capace di dar la paga a diverse berlinette sportive trasportando in souplesse tre ospiti sul divano posteriore.

Confrontata con le sorelle “ordinarie”, fuori la M5 è più larga, assettata, caratterizzata da paraurti con spoiler e prese d’aria, meravigliosi cerchi in lega a canale rovesciato e, dulcis in fundo, quattro begli scarichi a mettere subito in chiaro le cose. Anche su strada non le manda a dire: rispetto alla serie precedente l’accelerazione da 0 a 100 km/h passa a  5.3 secondi, mentre la velocità massima resta autolimitata a 250 km/h.

Le sospensioni anteriori McPherson in alluminio e l’inedito retrotreno multi-link con molle ribassate, ammortizzatori specifici, barre antirollio più spesse, molle ausiliarie in poliuretano e snodi sferici in acciaio fanno letteralmente volare questa berlinona come fosse una gran turismo. L’accelerazione è bruciante, la stabilità alle alte velocità è tale da risultare pericolosa per quanto avvolge il pilota in un’ovattata sensazione di onnipotenza. Un effetto accentuato anche dal fatto che, al contrario delle E39 a sei cilindri, equipaggiate con sterzo a cremagliera, l’M5 mantiene il sistema a ricircolo di sfere, come sulle precedenti generazioni, arricchito dal servosterzo Servotronic sensibile alla velocità e regolabile su due livelli di carico tramite il pulsante Sport montato sulla console. Lo stesso pulsante Sport che agisce anche sulle farfalle elettroniche modificando la risposta dell’acceleratore.


A frenare i 1800 chili di tecnologia e libidine ci pensano i dischi freno “flottanti” da 345 mm davanti e 328 dietro, che bloccano rispettivamente cerchi da 18” con pneumatici 245/40 e 275/35. Dentro, il lusso è dato tanto dai materiali quanto dalla qualità percepita. Pelle e radica rivestono tanta meccanica e altrettanta elettronica, da arricchire a richiesta con radio CD, telefono, navigatore satellitare e TV.

Nel settembre del 2000 l’intera gamma E39 è oggetto di un aggiornamento estetico piuttosto misurato, che riguarda essenzialmente la fanaleria e alcuni dettagli interni e che permette al modello di sopravvivere fino al 2003, quando lascia il posto alla controversa E60.

Ed è proprio la E60, troppo grossa, troppo diversa, troppo potente (con un V10 da 507 cavalli), troppo tutto, a consegnare al mito la E39. La E60 è una macchina profondamente diversa, una macchina del nuovo millennio, e questo rende la vecchia M5 l’ultima grande berlina sportiva BMW del vecchio secolo, della vecchia generazione. L’ultima, insomma, che si guida alla vecchia maniera. Una macchina che, appena sostituita dal nuovo modello, diventa istantaneamente un classico. Ma perché? Cerchiamo di capirlo guardando l’esemplare fotografato per Agorauto, su cui è anche inserzionato.

Questa bellissima M5 E39, immatricolata a fine 2000 e tra i primissimi esemplari ristilizzati, strepitosa nella sua livrea scura, è la prova che le forme semplici, archetipiche, resistono indenni alla prova del tempo. Linee semplici, equilibrate, proporzionate, naturali, dove tutto sta esattamente dove deve stare, in un armonia che non ha età. Con tanta elettronica, certo, ma non ancora “troppa”. Anche per questo, nonostante abbia oltre cento cavalli in meno della E60 e abbia abbondantemente superato i vent’anni, questa M5 è ancora tremendamente divertente e coinvolgente da guidare. Una bellezza classica, da guidare in modo classico.

Uno spettacolo insomma, da mettere in garage quanto prima: ogni giorni trascorso a pensarci su, è un giorno di godimento perso.

Tags: bmw, BMW E39, BMW M5, BMW Motorsport



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