Magazine Agorauto

Petrol

Barchetta: quando Fiat osò per l’ultima volta

Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Michele Di Mauro

13 Giugno 2022
Barchetta: quando Fiat osò per l’ultima volta

Se dovessimo selezionare una instant classic italiana rappresentativa degli anni novanta, la nostra scelta cadrebbe sicuramente sulla Fiat Barchetta.

La piccola spider torinese, prodotta dal 1994 al 2005 in quasi 58.000 unità, ha avuto diversi meriti, tra qui quello di riportare, dopo un lungo periodo di assenza, il marchio Fiat nel segmento delle scoperte sportive di fascia medio economica, in cui era stato leader tra gli anni cinquanta e i settanta. Purtroppo si è trattato di un ultimo sussulto, e l’assenza di spider dai listini di Mirafiori è tristemente ripresa col pensionamento di questo modello, eccezion fatta per la breve parentesi della 124 su base Mazda, che non ha mai scaldato davvero i cuori degli appassionati.

La Barchetta rappresenta la risposta italiana alle tante proposte di scoperte a due posti fiorite nei primi anni novanta in conseguenza del lancio dell’iconica Mazda MX-5 nel 1989, un modello di rottura che ha rilanciato a sorpresa la moda delle spider di fascia media, quando si pensava non interessassero più a nessuno. BMW Z3, Mercedes SLK e tante altre apprezzate youngtimer di oggi forse non sarebbero mai esistite senza il coraggio e la lungimiranza dei giapponesi, maestri nel sintetizzare e attualizzare quanto di meglio offrissero le sportive italiane e inglesi degli anni sessanta.

Il design della Fiat Barchetta è opera del designer greco Andreas Zapatinas, ed è un tripudio di rimandi all’italianità delle sportive del passato. Zapatinas realizza i suoi primi schizzi nel 1990 ispirandosi alla Ferrari 166 MM, la vettura per la quale viene coniato il nomignolo di “barchetta” appunto, e da cui il greco riprende e reinterpreta l’inconfondibile nervatura sulle fiancate. Un lavoro convincente che la spunta sul progetto interno concorrente, basato su un’evoluzione del design ideato da Chris Bangle per la Fiat Coupé. Una nota di colore e di italianità, anche se un po’ stereotipata: i due concept per la nuova vettura, codificata come progetto 183, erano identificati all’interno del Centro Stile Fiat coi nomi di due pizze, quello vincente era “Marinara”, l’altro era “Diavola”.

Andreas Zapatinas segue lo sviluppo della vettura fino al 1993, quando lascia l’incarico in Fiat e viene nominato direttore del Centro Stile Alfa Romeo. Il suo lavoro viene portato avanti fino alla produzione da Alessandro Cavazza, che delinea gli interni partendo dai primi concept di Peter Davis e Giuseppe Bertolusso.

Il lavoro di sviluppo della Barchetta è molto meticoloso, diverse decine di esemplari vengono sacrificati per ogni genere di verifica, dalle prove dinamiche ai crash test. Basti pensare che le vetture omologate per l’uso su strada partono dal telaio 00000162. La presentazione ufficiale della vettura alla stampa si tiene a Jerez de la Frontera, sede dell’autodromo omonimo nel sud della Spagna, alla fine di febbraio del 1995. Qui, per ben due settimane, Fiat allestisce e mette a disposizione dei giornalisti un circuito di prova specifico. A marzo la Barchetta debutta al Salone dell’Auto di Ginevra e, tra l’8 e il 9 di aprile, sbarca nelle concessionarie italiane.

Al momento della presentazione al pubblico, l’impatto dal vivo è dirompente: nonostante l’architettura non sia da sportiva dura e pura (il motore è trasversale e la trazione è anteriore) la macchina è bellissima: è compatta (meno di quattro metri), leggera (1.060 kg), proporzionata, equilibrata, grintosa ma raffinata al punto da conquistare anche il pubblico femminile. I paraurti sono integrati nella carrozzeria, non ci sono fasce paracolpi a sporcarne le linee, la capote scompare completamente sotto un coperchio in colore carrozzeria come sulla vecchia 850 Spider e i fari anteriori carenati strizzano l’occhio alle sportive degli anni sessanta al pari degli interni, parzialmente abbinati alla carrozzeria. Ci sono perfino dei bei cerchi ruota in lamiera stampata a vista. Insomma, si tratta di un’operazione nostalgia eseguita alla perfezione, con un prodotto che non scimmiotta il passato ma lo ripropone, fuori e dentro, in maniera misurata e convincente.

A livello tecnico, la vettura viene progettata basandosi sul telaio della Fiat Punto, rispetto al quale il passo è accorciato. Sotto il cofano ci finisce un solo propulsore, ma che accontenta tutti: si tratta del 1747 cc 16V da 130 cavalli della famiglia modulare Pratola Serra (dal nome dello stabilimento che li costruisce) utilizzato sulla Coupé 1.8 e sulla Bravo. Un motore brillante e pronto a tutti i regimi, grazie al variatore di fase VFD sull’albero a camme che agisce sull’anticipo di apertura delle valvole ottimizzando in tempo reale il bilanciamento tra potenza, coppia e emissioni. Il risultato è sintetizzato in uno scatto sullo 0-100 in poco meno di 9 secondi e una velocità di punta superiore ai 200 km/h, il tutto condito con un’erogazione piena ed elastica, con il 90% della coppia massima sempre disponibile su tutto l’arco compreso tra i 2000 e i 6000 giri al minuto.

Anche se non viene mai sostituito, nel 1999 il quattro cilindri 1.8 riceve un aggiornamento tecnico: la nuova versione, denominata Step 2, monta una nuova centralina microibrida Hitachi, collocata nel vano motore invece che nell’abitacolo; subentra poi un nuovo collettore di aspirazione a geometria variabile (V.I.S.) in materiale plastico (il precedente era in alluminio) che permette di esprimere una migliore ripresa senza penalizzare le emissioni, in preparazione alle normative Euro 3 che sarebbero subentrate il 1º gennaio 2001. A tale scopo viene anche aggiornato il rapporto della quinta marcia, ora più lungo per ridurre i regimi di rotazione alle alte velocità, a tutto vantaggio dei consumi ridotti. Con l’arrivo della Barchetta Euro 3, all’inizio del 2001, viene abbandonato il sistema V.I.S. e vengono aggiunti un precatalizzatore sui collettori di scarico e l’acceleratore elettronico, mentre la centralina viene rimappata.

Confortevole e molto avvolgente, l’abitacolo della Barchetta è estremamente sicuro, il migliore della categoria: inserito in una scocca a deformabilità programmata studiata e perfezionata con oltre 40 crash test, è protetto da rinforzi contro gli urti frontali, barre anti intrusione nelle portiere, longheroni pure rinforzati e cornice parabrezza irrobustito con una struttura tubolare a elevata resistenza, che permette di evitare l’uso del roll bar.

All’attento lavoro strutturale si aggiungono airbag lato guida (a richiesta per il passeggero), cinture di sicurezza con pretensionatore, sedili con traversa interna antiscivolamento, serrature delle portiere ad elevata resistenza, impianto antincendio con interruttore inerziale, blocco pompa e valvola carburante, serbatoio carburante ad elevata resistenza, impianto frenante a quattro dischi con doppio circuito incrociato e doppio correttore di frenata con servofreno a corsa ridotta e, a richiesta, impianto ABS a quattro canali e quattro sensori (poi montato di serie su alcune versioni speciali).

Dell’architettura della Barchetta abbiamo detto. Se i puristi della guida sportiva storcono il naso, anche a causa della distribuzione dei pesi tipica delle trazioni anteriori (65% all’anteriore e 35% al posteriore), c’è da dire che su strada la piccola Fiat non delude le aspettative. L’avantreno, con schema MacPherson, sfoggia infatti molle rigide e una robusta barra stabilizzatrice; dietro troviamo sospensioni indipendenti con bracci longitudinali e barra antirollio. Una combinazione che, abbinata alla carreggiata larga, agli pneumatici sportivi e a un camber azzeccato, rende la guida sicura e divertente, grazie anche alla spinta del motore sempre decisa.

Maggiora, incaricata di assemblare le vetture dal 1994 al 2002 presso l’ex-Stabilimento Lancia di Chivasso, pensa addirittura di svilupparne una versione potenziata con assetto ribassato ed irrigidito, impianto frenante potenziato, differenziale autobloccante, cerchi da 16″ e motore portato a 160 cavalli. Il progetto però non trova seguito nei programmi di casa Fiat.

Nel 2002, dopo il fallimento del carrozziere torinese, la produzione della Barchetta viene sospesa temporaneamente. Nel giugno del 2003 riprende internamente, nello stabilimento di Mirafiori, con la nuova versione ristilizzata da Tom Tjaarda e lanciata a metà luglio. Totalizzerà appena 2000 esemplari in quelli che sono gli ultimi mesi di vita del modello, le cui linee di montaggio si fermano definitivamente a giugno 2005, lasciando l’ennesimo vuoto nei listini della casa torinese e dei cuori degli appassionati della bella guida italiana col vento tra i capelli.

Per anni le Fiat Barchetta hanno vegetato nel limbo delle auto vecchie: poco pratiche per rappresentare un usato attraente, troppo giovani per imboccare la rivalutazione tipica delle classiche, fino a poco fa si scambiavano con molta difficoltà a cifre superiori ai cinquemila euro.

Bene, quei tempi sono passati, e chi voleva comprarne un bell’esemplare a pochi soldi ha definitivamente perso il treno. Lanciata verso i trent’anni d’età che la consacreranno tra non molto quale storica a tutti gli effetti, la Barchetta viene finalmente apprezzata come merita. L’offerta sul mercato d’occasione sta iniziando a premiare gli esemplari più belli con quotazioni adeguate, che nei casi migliori superano di slancio i diecimila euro. Questo perché, nonostante l’ampia diffusione, la spider torinese non sempre è stata conservata come si deve e oggi le vetture belle, integre e originali scarseggiano, a fronte di una grande disponibilità di unità disastrate. Per questo Agorauto non si è lasciato sfuggire la rossa di questo servizio: prima serie coi caratteristici cerchi in lamiera e senza terzo stop, di un unico proprietario non intenzionato a cederla, è ancora perfettamente originale. Interamente prima vernice, monta ancora cappottina, lunotto posteriore e persino spazzole tergicristalli (marchiate Fiat) di primo equipaggiamento. Ad oggi ha totalizzato appena 21.000 km, e solo gli pneumatici sono stati sostituiti, oltre alla cinghia di distribuzione e ai consumabili, per mantenerla in perfetta efficienza. Guidarla è emozionante: nonostante gli oltre cinque lustri sulle spalle, al volante restituisce le sensazioni di una vettura nuova, quasi stessimo effettuando la prova in compagnia del salonista prima di ordinarne una. Fresca, brillante, divertente e inaspettatamente solida, si lancia tra le curve spigliata e reattiva. Il rammarico per l’assenza nei listini Fiat di una macchina del genere, una volta lasciato l’abitacolo della nostra Barchetta, diventa una stretta allo stomaco. Correte a comprare una, prima che sia troppo tardi.

Tags: barchetta, FIAT, spider, youngtimer



logo