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Perché una volta le auto erano più belle?

Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Michele Di Mauro

15 Novembre 2022
Perché una volta le auto erano più belle?

Quando si prova a spiegare in maniera razionale la popolarità delle auto classiche, si tirano fuori le motivazioni più disparate, dai ricordi di gioventù ai legami affettivi, alla maggiore personalità dei veicoli e dei loro proprietari. Qualunque sia l’elemento predominante, alla base di ognuna delle possibili ragioni c’è sempre una radice comune, ed è una forte componente emozionale. Le ragioni del perché si scelga una classica quasi mai sono razionali: a rimanere impressionata, colpita, affascinata è sempre la parte più viscerale del nostro sentire.

E senza scomodare necessariamente ragioni profonde, anche a livello superficiale le storiche piacciono comunque di più. Dalla maggioranza delle persone, profani compresi, vengono percepite semplicemente come più belle. Quante volte sentiamo dire che le auto del passato avevano più carattere; ogni marchio e ogni modello avevano una personalità propria, era più facile distinguerle, mentre le auto di oggi “sono tutte uguali”. È una riflessione un po’ semplicistica, senza dubbio, ma nasce da un fondo di verità.

Le auto classiche generalmente sono più formose, più “sexy”: hanno linee più particolari e pronunciate, spiccano nella massa molto più rispetto a quanto accade oggi. Alla gente piacciono perché sono rare, distintive e visivamente piacevoli: una pausa gradita nel piattume del traffico quotidiano, tutto noiosamente troppo simile. E questo non solo perché le classiche oggi sono una stranezza agèe, succedeva anche quando erano nuove. I motivi sono diversi, e abbiamo provato ad elencarli.

A briglia sciolta

Anzitutto, in passato c’era maggiore libertà creativa. I designer non erano vincolati dall’infinità di leggi e normative che ci sono oggi, i produttori non dovevano considerare gli innumerevoli parametri odierni sulla sicurezza, o sottostare alle leggi dell’aerodinamica per minimizzare consumi ed emissioni. Per lo stesso motivo, spesso e volentieri non si preoccupavano neppure del peso, data l’essenzialità delle dotazioni di un tempo, soprattutto alle voci infotainment e, ancora una volta, sicurezza.

Certo, nessuno oggi si lamenta dell’introduzione di dispositivi obbligatori come cinture e airbag, ma non si può non domandarsi per quale ragione le case costruttrici non possano recuperare la creatività di un tempo. Le uniche alternative possibili sembrano essere lo scimmiottare i successi del passato in discutibili “operazioni nostalgia” o sfornare passivamente nuovi modelli tutti dello stesso aspetto. Ma perché?

Il valore dell’estetica

Una prima, triste ragione è la seguente: la generazione che oggi ama le classiche è fatta di persone mediamente mature, figlie di un’epoca in cui il successo di un modello era dettato fondamentalmente dalla sua estetica. Per tutto il novecento un’ampia percentuale di consumatori ha basato le proprie decisioni in fatto di auto partendo dall’aspetto. Una voce importante almeno altrettanto, se non di più, rispetto al costo di acquisto, cilindrata o consumi. Al giorno d’oggi invece i produttori spesso e volentieri si accontentano di un’estetica appena accettabile, privilegiando praticità, economia produttiva, affidabilità e sicurezza. Perché per una fetta sempre maggiore di clienti, l’automobile è diventata qualcosa di paragonabile a un elettrodomestico. Un oggetto funzionale, le cui potenziali capacità di generare sensazioni sono diventate assolutamente secondarie.

Il mercato globale

Un altro aspetto riguarda l’evoluzione del mercato. In passato gli stilisti raramente dovevano preoccuparsi del senso estetico di paesi e continenti diversi, poiché l’esportazione verso determinati mercati era meno comune. Oggi invece si guarda con molta attenzione ai mercati emergenti come Cina e India, i cui canoni estetici sono parecchio diversi da quelli del vecchio continente, e ciò che sembra fantastico per i residenti di uno stato può risultare ripugnante per quelli di un altro. Questo, ad esempio, è uno dei motivi per cui gli stili anche di marchi che storicamente hanno dettato legge per eleganza e sobrietà, oggi risultino inutilmente sovraccarichi di linee e orpelli. Il mercato del tuning estetico e dell’aftermarket è andato in crisi in tempi recenti proprio perché tante auto escono già abbondantemente gonfie, sovradimensionate, overstyled e inutilmente aggressive. E se alcuni ritengono queste tendenze antiestetiche, bisogna considerare che le auto non sarebbero disegnate in questo modo se non vendessero.

La paura dei passi falsi

La ricerca di un risultato commerciale “sicuro”, altra piaga dei nostri giorni, fa sì che quando un costruttore di automobili prova un nuovo design, e questo ha successo, gli altri ne seguono l’esempio, e questo fenomeno alimenta l’appiattimento stilistico del parco circolante. A cui si somma che le case automobilistiche vogliono che le loro auto siano riconoscibili, e inventano degli stilemi noti come “family feeling”, motivo per cui spesso si vedono più auto della stessa marca con, ad esempio, lo stesso frontale, o la stessa fanaleria. Ci sono marchi (i tedeschi in prima fila) che sembrano produrre praticamente sempre la stessa macchina, in differenti scale. Anche ai più attenti, per riconoscerle, serve misurarle al centimetro. In tutto questo desolante panorama, le piacevoli eccezioni sono sempre meno.

Voci suadenti

Poi le auto classiche hanno una loro voce. Il rumore del motore gioca un ruolo importante nell’amore delle persone per le auto d’epoca. Mentre viriamo verso le auto completamente elettriche, il famigerato “rombo” sta diventando un ricordo del passato. Un tratto distintivo unico, riconoscibile anche ad occhi chiusi. Dal bicilindrico della vecchia Fiat 500 ai grossi V8 aspirati americani, ogni auto aveva la sua voce. Oggi, senza arrivare all’estremo del motore elettrico, anche i moderni tre cilindri turbo da un litro di cilindrata o poco più, suonano tutti allo stesso modo. Un timbro metallico e senza carattere, quasi fosse la voce campionata che annuncia i treni in stazione.

Selezione spietata

E poi le auto storiche piacciono perché, se le vediamo in giro ancora oggi a distanza di sessanta o settant’anni, vuol dire che hanno superato le crudeli maglie della selezione naturale. Le persone generalmente salvano e conservano solo auto degne di essere conservate, per motivi storici, di prestigio, economici o sentimentali. Quindi la maggior parte delle auto poco attraenti del passato è finita demolita o pressata. Quelle che vediamo ancora oggi sulle strade, nella maggior parte dei casi, sono state giudicate più attraenti o interessanti, almeno da qualcuno.

Cosa ci riserva il futuro

In realtà le auto d’epoca ci saranno sempre, per il semplice fatto che non hanno mai smesso di essere prodotte. Sono piuttosto le nostre opinioni su ciò che costituisce un’auto d’epoca ad essere cambiate nel tempo. Quella che oggi vediamo come un’auto classica di oltre 20 anni, al momento del suo lancio probabilmente è stata giudicata con la stessa durezza con la quale oggi apostrofiamo le nuove uscite. Tra 20 anni, almeno una parte delle auto di oggi sarà considerata un classico. L’elemento discriminante sarà la presenza di caratteristiche peculiari come la rarità o il fatto di esser stata la prima a portare una qualcosa di particolare sul mercato. Probabilmente le prime Tesla ad essere arrivate sul mercato diventeranno “classici” negli anni a venire, poiché il brand americano è stato un pioniere nel mercato dei veicoli elettrici. Così come lo è stata Smart oltre vent’anni fa nel settore delle supercompatte, o Renault nei monovolume all’europea con la prima Espace e poi con la piccola Twingo, modelli low cost ma dall’indubbio futuro collezionistico, di cui abbiamo parlato recentemente.

Tags: auto d'epoca, design



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